e tu, non ridere.


Se il vero è questo nostro tempo da dimenticare
a volte viene in mente che è meglio vivere d'amore.
Avevo un gran timore di non capir più niente del sentimento umano
ma dopo poche ore avevo lei per mano.
Era di primavera, non mi ricordo il mese e neanche l'anno
vidi la gioia fermarsi e farmi un cenno.

Inadeguatamente mi abbandono a questa dolce sconosciuta
l'unica degna di ossessionare la mia vita.
Poi tolgo il cuore dal suo corpo tenue di fanciulla
ma per giocare come un bambino con la palla.

E tu non ridere mio dolce amico
non dare ascolto alle mie stupide emozioni
e tu non ridere che in fondo il mondo
è questo assalto di dolci confusioni.

Così stupita guardava il cielo, il bello, i criminali
ma senza impegno, come fanno le piante e gli animali.
Era persino troppo emozionante per chi allena il suo cuore
coi bei concerti, i discorsi importanti e le letture.
Si camminava casti per la strada o in riva al mare
come due innamorati della Cina Popolare.

E tu non ridere mio dolce amico
non dare ascolto alle mie stupide emozioni
e tu non ridere che in fondo il mondo
è quest'assalto di dolci confusioni.

In una notte calda, piena di abbandono e di tremore
come si suole fare, abbiamo fatto l'amore.
Poi tutt'a un tratto ho visto nei suoi occhi un velo di malinconia
e stranamente, senza dire niente, se n'è andata via.
La luce mia si è spenta e piano piano mi sto spegnendo anch'io
ora è silenzio, nirvana, pace e notte... oblio.

E tu non ridere mio dolce amico
non ti stupire di questa storia mai esistita
si può anche vivere senza capire
se il vero è il sogno o il resto della vita.

(Giorgio Gaber)

domenica 17 ottobre 2010

di getto, di rabbia e di cuore.


Tremendo battere sul vetro, nel vento di foglie quasi spente.

Urla il suo dolore, l’uomo dietro al vetro: anestesia di buio e di rumore,

ma seduti a quelle scrivanie ci sono solo occhi puntati sugli schermi,

gole affogate nel silenzio,

pezzi di giornale, matite spuntate,

odore di chiuso e di sporco che non lascia dormire.

I capelli rossi non ti nascondono, ma urlano al tuo posto,

mentre uccidi la rabbia, o qualcos’altro, in un giubbotto di pelle nera.

Ieri notte ti ho sognata, mentre bruciavi quella casa e quel seminterrato,

dove fantasmi di verità incrociate continuavano ad uccidere…

dopodiché il buio, e Avetrana sotto il cielo nero d’Ottobre.

domenica 16 maggio 2010

But no one cares (lettera).

Mi hai insegnato a fare un respiro profondo
prima di gettarmi urlante nella mischia,
di lanciare qualcosa contro il muro
o di bestemmiare dio e ogni suo derivato.
Il contegno che io non conosco, l'eleganza di un sorriso sommesso,
l'attenzione che attrai quando parli sottovoce.
Io sono quella che ride sguaiata e dice parolacce,
che porta gli stivaloni neri e un giubbotto di pelle
consumato sui gomiti.
Sai che sono fatta così.
Sai che il nero è il mio colore, e che in quel non colore
ci vedo tutto: me stessa, e il passato a cui mi aggrappo
se il futuro mi spaventa.

Ecco perché, a volte, scrivo.
Ciò che si scrive è consacrato,
assorbito nella carta bianco/sporcocaffè.
Lo rileggi, anche dopo anni e, alla fine, lo riconosci...
con i suoi odori e le sue voci.

Di te non ho mai scritto realmente.
Ti disegnavo di riflesso, col cuore distratto,
come elemento di disturbo quando scrivevo di altro.
Coscienza repressa che si fa parola;
una poesia che parla di lui e che nasconde tra le sillabe
un fegato divorato dalla voglia di avere un valido motivo per scrivere di te.
Anche l'inchiostro, era nero.


Mi hai fatto male, ma quanto non lo saprai mai.


Chesterfield light nel pacchetto azzurro,
tono su tono con i jeans,
precisamente blu, esattamente cielo d'agosto.
Siamo nati tra le mura della stessa clinica,
probabilmente dalle mani della stessa donna,
e abbiamo sorriso allo stesso modo quando smettemmo di farci domande
e iniziammo a crederci.
L'ironia della vita ci ha messi poi tre le mura della stessa facoltà,
dove nessuno sa chi siamo ma tutti se lo chiedono,
perché vedono energia nata tra il bianco e il nero… energia che non è grigio, ma è luce.
Neanche un chilometro tra i nostri appartamenti,
eppure non è per le strade di questo quartiere che ci siamo conosciuti.

Faceva freddo quella sera.
Era dicembre, il cielo limpido da fare male.
Pungevano attraverso l'aria da neve i tuoi occhi carbone,
fin dentro quel pezzo di donna che ancora non conoscevo
e che pomperà sangue ogni volta che mi guarderai.


Mi sono fatta male, ma quanto non lo saprò mai.

lunedì 10 maggio 2010

Solo certi poeti del male mi sanno cantare.


Roma non sa che fare: si limita a stare lì, imponente grigia, tra la pioggia promessa e il sole apparente. È come se aspettasse il segnale per esplodere, un qualsiasi, dimesso cenno per urlare quanto sia viva, nei colori del lungotevere, ancora. Assenzio, birra, risate e sigarette appena accese: in fondo c’è poco da raccontare quando puoi sentirne il profumo.

Mi piacerebbe fotografare per te quei colori velati di grigio, imbottigliare quegli odori dietro un tappo di sughero… regalarteli, se un giorno avrai bisogno di me. Raccontami di Budapest o Ginevra. Com’era quando non c’ero? Erano belle come le volevi, o ti hanno deluso come me?

Non preoccuparti di niente: tutto ti ha aspettato, annoiandosi a morte. Mi piace ancora mangiare, fumare di nascosto, fingere di essere indifferente alla tua voce.

Bentornati, colori.

Roma, tocca a te.

[Ma vi perdono, perché in fondo portate nel cuore sangue che è destinato a seccare.]

giovedì 15 aprile 2010

Non reggerei troppo bianco tutto insieme.

Scrivo poco e vivo molto.
Se proprio sto esplodendo d'inchiostro al cuore, mi piace grattare la carta
con una pilot 0.7 nera.
Periodo di vite accavallate.
Nessuna parvenza di ordine. Mondo storto intorno a me.
Scrivere è un terapia, e forse quando smetti di farlo in modo compulsivo, significa che
stai sulla buona strada per guarire.
L'alternativa è che sto morendo, ma mangio e rido troppo
per avere l'aria smunta e il cuore spento.
Odore di plastica e colla, nastro adesivo e cartone.
Su quel pavimento avrei sempre voluto mettere un tappeto rosso ikea, di quelli giganti e pelosi.Ora che lo vedo quasi del tutto sgombro, penso che quel tappeto sarebbe stata l'ultima cosa da portare via. Di tanta casa, proprio l'ultima.
A 15 anni avrei fatto la lista di quello che lasciavo. inchiostro nero ed elenco puntato
1.
2.
3.
..
..oggi ne ho troppe di cose da lasciare per poterle scrivere tutte.
Anche perchè molte non hanno nemmeno un nome.
I nomi che si cerca di dare agli attimi hanno sempre qualcosa di ridicolo.
Gli scatoloni dei libri non riesco a chiuderli.
In rappresentanza, ne ho tenuti fuori 4.. sempre i soliti.
non metto più in ordine e dalle pareti stacco una cosa ogni 24h.
Non reggerei troppo bianco tutto insieme.

Il divano di pelle "dove d'estate ci sudi veramente troppo" è già altrove, davanti a una
impersonale boiserie in legno scuro.
Nel frattempo, il gatto si accontenta del mio letto.

Non riesco a parlare, nè a scrivere, della mia stanza.
Mi ricorda il mondo intero, e così sarà sempre.

L'unica consolazione, quando dormirò qui l'ultima notte,
è che tu, il tuo sangue marcio e la tua puglia, non avete mai messo piede in questa casa.


A.M.
Via Calcutta 21, Roma.

venerdì 19 febbraio 2010

Approfitto dei colori.


Forse è un sogno e non me l'hanno detto.

Manciata infinita di giorni bruciata in un pensiero: il mondo aveva fretta, ma sono stata al passo.
Penso a poche ore fa, ed era autunno, Natale, Capodanno. Un mese e mezzo volato, nel bene e nel male, tra ricci color carbone e pagine di diritto. La neve su Roma è realtà e metafora di questa parentesi vellutata: nessuno l'avrebbe detto. Roma bianca come nel 1985, la mia vita senza sigarette, un esame all'università di cui avevo il terrore, superato al primo, timidissimo tentativo.
In fondo è successo tutto e niente allo stesso tempo...ma penso che la felicità sia l'attimo in cui la meraviglia illumina il tuo quotidiano. Cercarla e trovarla nell'ultimo film uscito al cinema è fin troppo facile, fin troppo comodo.
Novità etichettano il mio cielo, senza disturbare le nuvole di sempre: un amico speciale che mette in ordine la sua vita, facendosi spazio tra le vie di questa città; un ottimo countdown di esami universitari, in quei due anni che, posso giurarlo, saranno tra i più emozionanti della mia vita; i tuoi occhi, gli unici che sanno farmi sentire giusta..io, che mi sono sempre stata stretta e che non mi bastavo mai; un progetto di tesi nel cassetto e il pensiero che, in fondo, posso farcela anch'io; i capelli castani che si intravedono dopo 5 anni di rosso fintissimo; la voce di un'amica dai capelli color miele, che sa prendermi poco sul serio quando serve, e che sa esattamente quando voglio il caffè ma non ho il coraggio di chiederlo.
Un arcobaleno niente male, che ho intenzione di godermi fino a che non pioverà di nuovo.
Approfitto dei colori per pensare che alla fine dell'estate gli occhi color nocciola più malinconici che abbia mai visto, mi diranno che vuoi sposare quella ragazza dai capelli scuri che ti ha cambiato cuore e vita: è vero, mi hai dato buca a capodanno, ma sono felice per te, dottore. Approfitto dei colori per iniziare a scrivere su un giornale locale, pianificare la mia estate, immaginare come sarà il concerto degli U2 tra qualche mese. Mi hai dato quella busta la sera del mio compleanno, e il singhiozzo non l'ho trattenuto granchè bene, ma al cameriere e tutti quei clienti non ha dato poi così fastidio. Due biglietti, stadio olimpico, Bono Vox: no, non c'è nient'altro che vorrei.
Apro il nuovo libro di Baricco. Era lì dal 23 Dicembre. Me lo regalasti tra il legno lucido di un irish pub e l'odore della pioggia su Roma. Mi piace scoprire che la protagonista si chiama proprio Andrea, come volle anche mio padre, 23 anni fa.. e mi piace pensare che anche questo sia un regalo per me. Approfitto dei colori per sognarti, l'istante dopo che di notte mi hai svegliata, solo per sentirmi, solo per sentirci. Approfitto dei colori per dirti che quando ti sei laureato, con il papillon enorme e la barba lunga, mi è venuto un po' da piangere; ne approfitto anche per dire qualche grazie in più.. ai capelli color miele di cui sopra, senza i quali avrei gettato la spugna di fronte a quel prof., senza i quali non avrei passato 4 giorni meravigliosi, tra una puntata di scrubs e un piatto di pasta perfettamente al dente. Approfitto dei colori per ascoltare l'ultimo album di Grignani, il cui titolo somiglia tanto alla mia vita, oggi. Approfitto dei colori per dire che sto bene, anche se ho solo un cazzo di blog per sgonfiare il cuore che trabocca di emozioni.


"Vorrei nasconderti tra le mie ali
per non farti cadere giù,
per non farti trovare a terra
tra le cose che con te non c'entrano,
ma che per colpa mia ti sfiorano e ti feriscono.
vorrei proteggerti dalla parte sbagliata del mondo
ma tutto quello che posso fare,
ogni volta che cado
è rialzarmi tenendoti in braccio
e riprendere il volo.

Poi sposti i capelli e fai una smorfia strana
che capisce soltanto chi ti ama come me."

Grignani, romantico rock show.