Mi hai insegnato a fare un respiro profondo
prima di gettarmi urlante nella mischia,
di lanciare qualcosa contro il muro
o di bestemmiare dio e ogni suo derivato.
Il contegno che io non conosco, l'eleganza di un sorriso sommesso,
l'attenzione che attrai quando parli sottovoce.
Io sono quella che ride sguaiata e dice parolacce,
che porta gli stivaloni neri e un giubbotto di pelle
consumato sui gomiti.
Sai che sono fatta così.
Sai che il nero è il mio colore, e che in quel non colore
ci vedo tutto: me stessa, e il passato a cui mi aggrappo
se il futuro mi spaventa.
Ecco perché, a volte, scrivo.
Ciò che si scrive è consacrato,
assorbito nella carta bianco/sporcocaffè.
Lo rileggi, anche dopo anni e, alla fine, lo riconosci...
con i suoi odori e le sue voci.
Di te non ho mai scritto realmente.
Ti disegnavo di riflesso, col cuore distratto,
come elemento di disturbo quando scrivevo di altro.
Coscienza repressa che si fa parola;
una poesia che parla di lui e che nasconde tra le sillabe
un fegato divorato dalla voglia di avere un valido motivo per scrivere di te.
Anche l'inchiostro, era nero.
Mi hai fatto male, ma quanto non lo saprai mai.
Chesterfield light nel pacchetto azzurro,
tono su tono con i jeans,
precisamente blu, esattamente cielo d'agosto.
Siamo nati tra le mura della stessa clinica,
probabilmente dalle mani della stessa donna,
e abbiamo sorriso allo stesso modo quando smettemmo di farci domande
e iniziammo a crederci.
L'ironia della vita ci ha messi poi tre le mura della stessa facoltà,
dove nessuno sa chi siamo ma tutti se lo chiedono,
perché vedono energia nata tra il bianco e il nero… energia che non è grigio, ma è luce.
Neanche un chilometro tra i nostri appartamenti,
eppure non è per le strade di questo quartiere che ci siamo conosciuti.
Faceva freddo quella sera.
Era dicembre, il cielo limpido da fare male.
Pungevano attraverso l'aria da neve i tuoi occhi carbone,
fin dentro quel pezzo di donna che ancora non conoscevo
e che pomperà sangue ogni volta che mi guarderai.
Mi sono fatta male, ma quanto non lo saprò mai.
domenica 16 maggio 2010
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Stupenda! :)
RispondiEliminahttp://grazysheisdifferent.blogspot.com/
grazie mille :)
RispondiEliminaAnch'io mi aggrappo sempre al passato quando ho paura del futuro. O almeno ci provo, perchè non ho più nulla sotto i piedi.
RispondiEliminaE' bello leggerti. Mi lasci l'amaro in bocca che non vuol tornare indietro. Mi chiedo chi sei, dove vai o cosa vuoi. Probabilmente è inutile.. ma cosa non lo è?
Se non sbaglio qui parli di due donne.. ed è un taglio che mi trapassa il cuore, se penso che è realmente così. Ti abbraccio.