martedì 13 dicembre 2011
domenica 4 dicembre 2011
Voltati.
Il cielo era grigio ma il freddo ci aveva dato tregua.
Metto in moto e giro il volante, scivolando sull’asfalto massacrato; la radio mi aiuta con degli ottimi Cure, che sotto le prime luci di natale stanno fottutamente bene.
Mi bruciano le labbra e gli occhi si gonfiano un po’.
Mi passa dentro tutto quello che non ho voluto raccontare negli ultimi mesi, forse anni, e il gonfiore degli occhi si sparge alla fronte, alla bocca e alla gola.
Sfrecciano ombre e marciapiedi lucidi dalla pioggia, mentre rallento e mi passo una mano sul viso. Le luci sembrano immense attraverso le lacrime.
Penso che avrei bisogno di parlare a catena per venti minuti, in un flusso di coscienza che non perdona me in primis, o almeno avrei bisogno di scrivere.
Datemi da scrivere.
Qualcuno scriva quello che dico.
Finiscono le note di una ballata, lenta e dolcissima.
Abbasso il volume e mi tengo stretta in testa quella musica.
Giro dove non dovrei, perchè c’è solo un posto dove riesco a tenermi stretta le cose.
Ricordo che proprio lì mi fu giurato l’amore per sempre, in un’età in cui ancora vuoi crederci:
mi regalò una rosa e mi indicò Roma, che dormiva languida e meravigliosa sotto di noi.
Ora sono di nuovo quassù, perché solo qui riesco a farmi mangiare dalle cose.
Davanti alla città eterna mi faccio inondare dalle cose, senza lottare, senza dirmi che non è amore, senza dirmi che in fondo presto passerà.
Sì.
Prendimi dolore, e fa di me ciò che vuoi;
quando avrai finito, sarò pronta a ricominciare.
Guardo il sole che sale lento e il vento mi taglia la faccia bagnata:
il gonfiore alla gola era sparito e il tuo orologio mi ricorda che è quasi ora di alzarsi.
Le labbra però non hanno mai smesso di bruciare.