e tu, non ridere.


Se il vero è questo nostro tempo da dimenticare
a volte viene in mente che è meglio vivere d'amore.
Avevo un gran timore di non capir più niente del sentimento umano
ma dopo poche ore avevo lei per mano.
Era di primavera, non mi ricordo il mese e neanche l'anno
vidi la gioia fermarsi e farmi un cenno.

Inadeguatamente mi abbandono a questa dolce sconosciuta
l'unica degna di ossessionare la mia vita.
Poi tolgo il cuore dal suo corpo tenue di fanciulla
ma per giocare come un bambino con la palla.

E tu non ridere mio dolce amico
non dare ascolto alle mie stupide emozioni
e tu non ridere che in fondo il mondo
è questo assalto di dolci confusioni.

Così stupita guardava il cielo, il bello, i criminali
ma senza impegno, come fanno le piante e gli animali.
Era persino troppo emozionante per chi allena il suo cuore
coi bei concerti, i discorsi importanti e le letture.
Si camminava casti per la strada o in riva al mare
come due innamorati della Cina Popolare.

E tu non ridere mio dolce amico
non dare ascolto alle mie stupide emozioni
e tu non ridere che in fondo il mondo
è quest'assalto di dolci confusioni.

In una notte calda, piena di abbandono e di tremore
come si suole fare, abbiamo fatto l'amore.
Poi tutt'a un tratto ho visto nei suoi occhi un velo di malinconia
e stranamente, senza dire niente, se n'è andata via.
La luce mia si è spenta e piano piano mi sto spegnendo anch'io
ora è silenzio, nirvana, pace e notte... oblio.

E tu non ridere mio dolce amico
non ti stupire di questa storia mai esistita
si può anche vivere senza capire
se il vero è il sogno o il resto della vita.

(Giorgio Gaber)

sabato 12 dicembre 2009

becoming a blogger - part I.

Voglia di vederlo scritto da qualche parte, probabilmente.
Da qualche parte che non sia una moleskine dagli angoli usurati, che soffoca dentro la borsa da mary poppins, trascinata e sbattuta per tutta la metro b.
La sottile vanità dell'artista, nello scrittore, o presunto tale, trova uno sfogo più frustrato: alla fine dei giochi, qualcuno deve scendere dalla giostra del mondo per mettersi a leggere le tue cazzate; il tempo e l'attenzione degli altri sono l'unica ricompensa per quelle ore passate davanti al pc o, vd. sopra, con un taccuino nero tra le mani sporche di inchiostro.
Bohemien, ridicolo o semplicemente sincero; devo ancora deciderlo.
In fondo scrivere, a meno che non si tratti di giornalismo/informazione etc., serve a tutti, tranne a chi legge. Per non parlare dei blog, come questo, che invece servono unicamente a chi scrive.
Catarsi, autoaccettazione, sfogo, vuoto sociale: chiamatela come vi pare.
Tra i blogger, da oggi, ci sono anch'io.


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